Sala 2

La fama

La notorietà di Scanno è maturata nel tempo, in modo lento e naturale. Viaggiatori speciali, spesso venuti da molto lontano, l’hanno scoperta e raccontata ognuno a suo modo, restituendo attraverso scritti ed immagini lo stupore dell’esperienza e il proprio incontro con le sue unicità; l’abito è una di queste. Per tutti i fotografi quel costume è un soggetto magnetico e irresistibile, in grado di costituire il movente per una composizione.

 

Scanno, meta della fotografia mondiale

Dopo il 1839, anno di nascita della fotografia, cominciarono a diffondersi le prime immagini di Scanno. Assieme a disegni e resoconti di viaggio, dalla seconda metà dell’800 la fotografia permise di studiare meglio usi e costumi del luogo.

Mentre i primi fotografi, abruzzesi, seppero evidenziare con lucidità l’importanza dell’abito per la propria cultura popolare, molti stranieri vennero per studiarne alcuni aspetti specifici. A partire dalla fine dell’800 a Scanno fu un susseguirsi di artisti, archeologi, sociologi e antropologi. Furono loro, con i propri studi, a creare un vero passaparola poi giunto anche a numerosi giovani aristocratici europei e statunitensi. Sulla scia del Grand Tour tutti loro erano desiderosi di visitare anche l’Italia più inedita e nascosta.

Fu la rivista tedesca Beyers Fuer Alle a pubblicare, parrebbe per la prima volta, delle fotografie di Scanno: immagini preziose scattate da Hilde Lotz Bauer e Helda Fietz che illustrano un articolo dedicato all’Italia rurale uscito alla fine degli anni ’30.

Nel 1952 sulla rivista americana Harper’s Bazaar uscì il servizio Christmas in Scanno, con due fotografie di Henry Cartier-Bresson, che nel 1954 pubblicò altre otto foto dello stesso viaggio su L’illustrazione italiana.

L’interesse di questo noto fotoreporter verso Scanno fu molto importante per i fotografi italiani che vedevano in lui un esempio straordinario e un modello da seguire.

Non fu un caso dunque se nel 1955 il fotoreporter Piergiorgio Branzi visitò anche Scanno durante il suo viaggio in moto nel sud Italia. Nel 1957 Mario Giacomelli e Renzo Tortelli la raggiunsero (dopo un epico viaggio) tornandoci nel 1959 (e più avanti, nel tempo). “Siamo arrivati che era mattino, c’era la messa delle 7.30” ricorda Renzo Tortelli. “La luce era tenue… il sole si era appena levato e c’era foschia. Con tutti quei camini che fumavano… ci sembrò un’apparizione”.

La consacrazione definitiva di Scanno come meta obbligata della fotografia arrivò nel 1964 quando la fotografia di Mario Giacomelli “Il bambino di Scanno” entrò nella collezione del museo Mo.Ma. di New York e venne esposta nella storica mostra The photographer’s eye.

Nei decenni successivi molti celebri autori la visitarono. Fra loro anche Ferdinando Scianna che se dapprima non volle cedere alla tentazione di fotografarla – affermando che “Troppi santi del suo paradiso vi hanno fatto miracoli” – a Scanno realizzò nel 1999 un originale reportage di moda.

Museo della fotografia del costume di Scanno

Lorem ipsum / Lorem, 1885

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La fama del costume muliebre scannese nel mondo

Le parole della scrittrice britannica Anne MacDonell, tratte dalla sua opera In the Abruzzi del 1908, qui nella traduzione di Chiara Magni, trasmettono un’immagine emozionante della donna scannese: «Scanno è un paese di donne che hanno ampiamente meritato la fama di essere belle [..]. La riservatezza ha qualcosa di misterioso che si addice all’abbigliamento scuro e a quelle strade buie e tetre. [..] Lei è una montanara orgogliosa, indipendente e autosufficiente. [..] Tuttavia le donne di Scanno possono sembrare tutto tranne che schiave; hanno piuttosto un’aria regale e non ho mai visto tante regine come in questo posto. Ed esse sono pienamente consapevoli del loro valore e della loro importanza nella famiglia[..].»

Scanno, già nei primi del ’900, secondo la testimonianza di Corinna Lotz, figlia di Hilde Lotz-Bauer, aveva la reputazione di “luogo del costume vivente” e, con molta probabilità, fu proprio questa fama ad attrarvi la Madre nel suo soggiorno di studi in Italia.

Quest’angolo dell’Abruzzo interno ha esercitato un magnetismo irripetibile verso i grandi della fotografia a livello mondiale, ma questo magnetismo deriva in gran parte dall’abito delle Sue Donne, divenuto simbolo vivente del territorio, come confermano documenti e opere, nonché una vasta bibliografia.

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