Gioielli
«[..] Consultando gli antichi capitoli matrimoniali o i registri dei Monti di Pietà risulta evidente come il manufatto in metallo prezioso assolveva anche alla funzione di complemento estetico decorativo all’abbigliamento tradizionale. Nel caso di Scanno venivano realizzati numerosi accessori in argento con la tecnica della fusione su osso di seppia (raramente a “cera persa”, perché più costosa). Tra gli oggetti maggiormente documentati vi sono bottoni (bettùne) fibbie e fermagli (grappe e ciappe) decorati con figurazioni simboliche apotropaiche ricorrenti, come draghi e aquile, Santi vari, serpenti e lumache (ciammarùche), manufatti di varia dimensione necessari per agganciare i lembi di gonne e corpetti e proteggere la persona dalle influenze nefaste dell’invidia e del malocchio. [..] Venivano prodotti anche fermagli per mantelle da uomo, fibbie per scarpe, borchie per cinture, spilloni (crinale) utili per assicurare il copricapo femminile (ju cappellìtte); persino aghi e ditali per il ricamo ed il cucito, ferri e porta-ferri da calza. Un’altra categoria comprendeva gli accessori “multifunzionali” come l’odorino, i’addurine (piccolo contenitore a forma di bottiglia o anforetta usato per conservare sostanze profumate varie), la teca (piccolo contenitore piatto, come una scatolina con il coperchietto a pressione), il fermaglio passafilo ciappette (per sostenere e far scorrere il filo di lana nel lavoro a maglia); soprattutto quest’ultimo veniva realizzato utilizzando le forme più svariate, angioletto, cuore, Madonna; motivi decorativi di evidente matrice scaramantica e protettiva [..]. [..] tutti gli accessori diventarono modelli decorativi da riprodurre per realizzare gioielli, i bottoni si trasformarono in castoni per anelli o moduli sequenziali per realizzare collane, bracciali o spille, mentre gancetti e fermagli ispirarono medaglioni e ciondoli, e questa innovativa produzione “seriale” rigorosamente in argento contraddistingue tuttora l’oreficeria locale, molto apprezzata soprattutto dai turisti che visitano lo splendido borgo.
[..] Dal fidanzamento al matrimonio veniva osservata una serie di modalità cerimoniali tra le due famiglie che stringevano il contratto nuziale; l’oro ne sanciva il percorso tramite gli ornamenti che, di volta in volta, venivano donati alla futura sposa[..]. Alla conoscenza, cioè la prima visita che il pretendente con la sua famiglia faceva a casa della prescelta, i genitori di entrambi i giovani discutevano sulle convenienze economiche, accordandosi, infine, sulle modalità dello sposalizio. In quest’occasione la neofidanzata riceveva il primo impegno costituito, in genere, da un paio di orecchini o da un ciondolo; l’anello lo avrebbe avuto il giorno del fidanzamento ufficiale, quando si invitavano parenti ed amici per partecipare ad un piccolo ricevimento. Gli anelli tradizionali di Scanno erano le manucce, la serpentina e la cicirchiate, il primo riproduceva due manine congiunte a stringere un cuore, il secondo consisteva in un serpente arrotolato con una pietra rossa nell’occhio, il terzo riportava il castone interamente decorato da minuscoli granuli contornati da filigrana a “margherita”. [..] Altro gioiello emblematico della tradizione nuziale era la presentosa, un medaglione a forma di stella, con uno o due cuori uniti al centro da una mezzaluna e contornati da spiralette realizzate in filigrana. Originario dell’Abruzzo meridionale e del Molise, Scanno iniziò a produrlo nel primo Novecento sviluppandone diverse forme e modelli. La presentosa veniva prodotta con tante varianti del motivo classico, poiché ogni orafo ci teneva a differenziarsi, oppure perché la eseguiva secondo una richiesta specifica del committente, il fidanzato che la donava alla ragazza prescelta come “presente”, in rappresentanza del suo nuovo stato di “promessa”. [..] Gabriele D’Annunzio, che dal folklore abruzzese trasse spesso ispirazione, nella sua opera Il trionfo della morte (1894) lo descrive citandone il nome dialettale presentosa, rendendolo famoso sul territorio nazionale.
[..] Quando, invece, c’era il fidanzamento ufficiale, la ragazza, riceveva dalla madre di lui una coppia di orecchini caratteristici di Scanno le circeje. Era lei stessa che glieli infilava alle orecchie, come investitura simbolica del nuovo ruolo di madre, colei che avrebbe dovuto garantire continuità alla stirpe familiare. Questi pendenti semilunati riportavano la forma di un cestello con pendaglietti sospesi dal margine inferiore e venivano realizzati in metallo traforato, fuso in oro su osso di seppia e rifinito a cesello. Al centro riportavano mascheroni apotropaici e talvolta sormontati da un piccolo galletto, anch’esso scaramantico e beneaugurante. Le circeje riportavano diverse misure: a tre pendaglietti, a cinque, a sette, a nove, i più tradizionali portavano appesi i’ sbruòcchele (specie di chiodini arrotondati), oppure piccole perle barocche, le cosiddette scaramazze. Altro dono riservato alla futura sposa era costituito da un lungo laccetto. Era un torcione, un lungo filo ritorto, al quale si appendeva la presentosa o la gioja consistente in un ciondolo lavorato a cesello o in filigrana con una miniatura centrale riproducente figure sacre o mitologiche. Il giorno delle nozze, questa collana, chiamata anche saliscendi, per via di un meccanismo mobile che ne determinava la lunghezza, veniva drappeggiata sul corpetto dell’abito con il medaglione applicato bene in vista sul lato sinistro affianco alla bottoniera. Un’altra collana era chiamata cannacca perché veniva accostata al collo ed era costituita da tante sfere auree lavorate a sbalzo chiamate paternostri (come i segnacoli della corona per recitare il rosario).
Caratteristici doni scambiati durante il fidanzamento a Scanno erano altri ciondoli come u’ catièll, un pendente ovale a doppia faccia, apribile, nel cui interno si conservava un ciuffo di capelli del fidanzato quando lui partiva militare o per la transumanza; c’era anche la travaglia che assomigliava alla gioja, ma al centro, invece della miniatura, mostrava una lavorazione a cesello decorata con minuscole scagliette auree a rivestirne la superficie.
[..] Le carte dotali rivelano che la donna ereditava dalla sua famiglia diversi oggetti d’oro, soprattutto se si trattava di armentari o di contadini abbienti. Per la sposa quest’oro rappresentava un piccolo capitale privato da conservare in caso di necessità; infatti in qualsiasi momento l’oro poteva essere rivenduto, scambiato, impegnato, poteva servire insomma per lei o per i suoi figli.[..]»
Tratto da: Gandolfi A., 2023, Gioielli e accessori nell’abbigliamento tradizionale, in: Di Simone K. (a cura di), Pagliari C. (a cura di), L’Abito muliebre di Scanno. Il futuro della memoria. Fondazione Pescarabruzzo Ed., Pescara, 2023.