Sala 3
Abito giornaliero
Le vie di Scanno sono state interpretate da molti grandi fotografi come fossero quinte di un teatro. Qui l’architettura, la luce o l’angolazione sono elementi che si possono scegliere, ma quando tutto sembra deciso, ecco che entrano in scena gli attori! Sono figure nere che si spostano su sfondi bianchi, abbacinanti; silhouette tondeggianti che si muovono aggraziate nello spazio; donne che mettono o tolgono equilibrio alla composizione che le circonda semplicemente indossando un abito.
Il concetto di femminile dentro a una fotografia
L’abito di Scanno, in particolar modo quello semplice e essenziale del quotidiano, incarna perfettamente, nelle fotografie, il concetto di femminile; ne è anzi una traduzione perfetta perché, da un punto di vista grafico, ha già vissuto per questioni storiche e pratiche un processo di semplificazione che lo rende potente e comunicativo. Anche senza conoscerne la storia, chi guarda queste donne percepisce il ruolo centrale che esse occupano nella collettività attraverso il modo in cui l’abito è indossato.
Come è usanza per le vedove, insieme all’abito anche il volto diventa una superficie nera da fotografare; esso è coperto fino agli occhi da un panno detto abbrevedature.
Nelle immagini le donne si muovono svelte, ignare o forse indifferenti alla presenza del fotografo, risultano sempre naturali e spontanee davanti all’obiettivo, siano esse concentrate sulle proprie attività, sul lavoro o riprese in una pausa di riposo e svago.
Quando i fotografi scelgono di creare un dialogo visivo tra le donne e altre figure maschili ( a piccoli gruppi, con mantelli neri) esse risaltano in tutto il loro dinamismo, camminando come se stessero sfiorando il terreno.
“…Nessuno aveva né la forza, né l’eleganza di Scanno. Erano paesi più poveri, diversi” afferma Gianni Berengo Gardin confrontando la realtà scannese a quella di altri luoghi vicini “E poi non c’erano queste donne in costume come usavano a Scanno, intendo il costume di tutti i giorni […] Io conosco molto bene la Calabria, e la Puglia dove in quegli anni andavo, anche lì c’erano le donne in costume ed erano costumi molto più ricchi di quelli di Scanno, però se li mettevano solo quando c’erano le feste o quando l’ufficio turismo organizzava qualcosa. Non era l’abito di tutti i giorni”.
L’abito giornaliero con le sue varianti
«Quanto lavorano senza turbare la solennità di quel loro costume che sembra creato apposta per la passeggiata, per la preghiera, per il corteo nuziale, per il rito eterno dell’ozio giocondo!»
Ancora una volta le parole di Emidio Agostinoni, tratte dalla sua opera Altipiani d’Abruzzo del 1912, forniscono uno spunto per evidenziare una caratteristica che, se pur di natura puramente strutturale, è indicativa delle abitudini quotidiane riferite all’uso dell’abito da parte delle donne scannesi.
L’abito giornaliero tradizionale arrivato fino ad oggi è quello di foggia più semplice, ma non per questo meno suggestiva. Esso si basa su un pezzo che è comune alle tre fogge in uso (giornaliera, festiva e nuziale): la cosiddetta casacca. Questa parte nascosta dell’abito risulta fondamentale per la sua funzione portante. Essa è progettata per resistere alle intemperie e a tutte le sollecitazioni fisiche derivanti dai diversi e pesanti lavori quotidiani; inoltre è in grado di proteggere dal freddo e dal caldo e consente una comoda seduta su superfici dure o impervie.
Sia le varianti dell’abito giornaliero tradizionale sia le altre due fogge sono realizzate integrando la casacca con pezzi preziosi e/o funzionali, presenti in forme, colori e disegni alternativi.
Image rights:
Cover picture: diritti diritti foto