Sala 1
Le origini
Mentre la fotografia è nata meno di duecento anni fa l’abito scannese vanta origini secolari; per tale motivo, ciò che le immagini riescono a mostrare, più che la sua evoluzione, è l’insieme di valori che l’abito comunica e rappresenta, ieri come oggi, per la collettività. Stile e punto di vista completano l’opera di quei fotografi che per primi si sono cimentati nell’importante compito di documentarlo.
Prime fotografie di Scanno
Pietro di Rienzo viene ricordato come il primo fotografo che, sin dal 1885, seppe documentare con indiscusso valore artistico il paese di Scanno e l’abito. Nato a Scanno, la grande cultura che maturò e l’opportunità di viaggiare che ebbe, gli permisero di guardare la sua gente con occhi diversi, aperti al confronto con la società del tempo.
Il rispetto per la tradizione nelle sue immagini è ben percepibile: le donne con l’abito sono il soggetto e quell’accuratezza con cui ogni dettaglio è restituito ha il senso di un presagio sulle imminenti trasformazioni sociali che in certe zone d’Italia si stava già vivendo.
Altre riprese più tarde, come quelle eseguite dal pittore abruzzese Francesco Paolo Michetti, vedranno nell’abito di Scanno un soggetto di studio carico di dinamismo e spessore folkloristico che egli riportò in alcuni suoi celebri dipinti.
Per nostra fortuna il valore polisemico della fotografia rende le immagini tesori inestimabili di informazioni che vanno aldilà delle motivazioni con cui sono state pensate, di volta in volta, dagli autori.
Un esempio ne è la fotografia del 1896 scattata da Olinto Cipollone con l’idea di immortalare la visita del poeta Gabriele d’Annunzio a Scanno. Oltre al passaggio del vate, essa documenta un’usanza scannese ormai perduta: quella delle donne di sedersi a terra, anche in chiesa, accovacciate sul proprio pesante abito.
Le origini dell’abito muliebre
«Salgono al bosco [..] e ne scendono con la testa o con le spalle cariche come bestie, fanno da portatrici d’acqua e da manovali, senza smettere per un’ora sola la veste ardita, senza perdere mai le movenze armoniose. Di dove saran mai venute con la tribù che giurò fede eterna al proprio costume?»
L’alone di mistero che, a tutt’oggi, circonda le origini dell’abito muliebre delle Scannesi è espresso così, in modo semplice ma con stupore, da un grande osservatore della vita quotidiana dei contadini e dei pastori quale era Emidio Agostinoni, nella sua opera Altipiani d’Abruzzo del 1912.
Assistiamo nel tempo ad una trasformazione dell’abito muliebre. Tra il XVIII e il XIX secolo, all’antico abito del ‘700 va sostituendosi quello arrivato, con qualche variante, fino a noi. Quest’ultimo è prevalente nelle fotografie raccolte nelle sale di questo museo digitale. Come si evince da alcuni studi sull’abito delle donne di Scanno, l’aspetto che più disorienta la ricerca degli studiosi è che l’ultimo abito, unico nel suo genere in tutto il mondo, ha sostituito, fino a soppiantarlo in poco tempo, quello antico, entrando definitivamente nell’uso quotidiano per due secoli.
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